Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico: è reato la condotta del pubblico ufficiale che concreti uno sviamento di potere
Integra il delitto previsto dall’art. 615 ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee e comunque diverse rispetto a quelle per le quali, soltanto, la facoltà di accesso gli è attribuita.
Corte di Cassazione, SS. UU., 08/09/2017, n. 41210
La fattispecie
S.A.G. veniva tratta a giudizio davanti al Tribunale di Busto Arsizio per rispondere del reato p. e p. dagli artt. 81 cpv., 615 ter, primo comma e secondo comma, n. 1, cod. pen., perché, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, essendo stata autorizzata nella propria qualità di cancelliere in servizio presso la Procura della Repubblica di Busto Arsizio ad accedere al registro delle notizie di reato Re.Ge., vi si manteneva in violazione dei limiti e delle condizioni risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema, in particolare accedendo alle informazioni inerenti il procedimento penale a carico di C.C.
L’imputata veniva assolta dal Tribunale, sul rilievo che essa era titolare delle credenziali per accedere alle informazioni contenute nell’intero sistema, non essendo ravvisabile una contraria volontà da parte del gestore del sistema, in quanto, su disposizioni organizzative interne del Procuratore aggiunto della Repubblica, i pubblici ministeri ed i soggetti autorizzati come lei avevano accesso a tutti i procedimenti iscritti al Re.Ge.
La Corte di appello di Milano, in accoglimento dell’impugnazione del Pubblico Ministero, riformava la sentenza del Tribunale e dichiarava l’imputata colpevole del reato di accesso abusivo aggravato al sistema Re.Ge., condannandola alla pena ritenuta di giustizia poiché l’ingresso e l’utilizzazione del sistema informatico Re.Ge. avviene legittimamente soltanto in presenza di un interesse pubblico volto a giustificare l’accesso e permanenza dell’operatore. Pertanto il giudice d’appello riteneva che il fatto che l’imputata avesse visionato gli atti del procedimento penale iscritto a carico del C., senza alcuna necessità di ufficio che lo potesse giustificare, integrava la fattispecie incriminatrice contestata in quanto riconducibile al concetto di operazione di accesso abusivo di natura “ontologicamente diversa” da quelle autorizzate. L’imputata ricorreva per Cassazione.
La Suprema Corte
La Quinta Sezione ha ritenuto necessaria una rimeditazione della sentenza delle Sezioni Unite Casani, che aveva risolto il contrasto giurisprudenziale ritenendo che non integrasse il reato la condotta di chi, avendo titolo per accedere al sistema, se ne fosse avvalso per finalità estranee a quelle di ufficio.
La predetta Sezione ha quindi rimesso la questione alle Sezioni Unite, le quali si sono domandate “se il delitto previsto dall’art. 615 ter, secondo comma, n. 1, cod. pen., sia integrato anche nella ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, formalmente autorizzato all’accesso ad un sistema informatico o telematico, ponga in essere una condotta che concreti uno sviamento di potere, in quanto mirante al raggiungimento di un fine non istituzionale, pur in assenza di violazione di specifiche disposizioni regolamentari ed organizzative”.
Secondo la Corte, non esce dall’area di applicazione della norma la situazione nella quale l’accesso o il mantenimento nel sistema informatico dell’ufficio a cui è addetto il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, seppur avvenuto a seguito di utilizzo di credenziali proprie dell’agente ed in assenza di ulteriori espressi divieti in ordine all’accesso ai dati, sia connotato dall’abuso delle proprie funzioni da parte dello stesso. In tal caso si avverrebbe uno sviamento di potere, ossia un uso del potere in violazione dei doveri di fedeltà che ne devono indirizzare l’azione nell’assolvimento degli specifici compiti di natura pubblicistica a lui demandati.
Conclusione
Per tali motivi, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato il ricorso, affermando che il reato di accesso abusivo in sistema informatico o telematico di cui all’art. 615 ter, comma 2, n. 1, cod. pen., risulta integrato nell’ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, formalmente autorizzato all’accesso ad un sistema informatico o telematico, ponga in essere una condotta che concretizzi uno sviamento di potere, in quanto mirante al raggiungimento di un fine non istituzionale.