Assegno di mantenimento: i figli che cambiano sesso hanno diritto al mantenimento per un periodo più esteso
I figli che cambiano sesso possono avere diritto a essere mantenuti dai genitori per più tempo rispetto ai figli che non hanno problemi di identità sessuale. Il giovane che affronta un processo di adeguamento della propria identità di genere può infatti trovarsi frequentemente in una situazione di vulnerabilità e di difficoltà psicologica e relazionale che può avere ricadute importanti e significative sul suo inserimento sociale e lavorativo e, di conseguenza, sull’acquisizione di un’indipendenza economica dai genitori.
Corte di Cassazione, Sez. VI, 12/03/2018, n. 5883
La fattispecie
Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda proposta da P.M. nei confronti del padre G.R. diretta ad ottenere l’incremento della misura dell’assegno mensile di mantenimento, riquantificato in Euro 400,00 con decorrenza dal mese di maggio 2012. G.R. proponeva appello al fine di ottenere la revoca dell’assegno, in considerazione della raggiunta età di trenta anni del figlio e della acquisita capacità di rendersi indipendente economicamente.
La Corte di appello di Roma, dunque, revocava l’assegno di mantenimento a decorrere dal mese di agosto 2016, ritenendo fondata la decisione del Tribunale relativamente al periodo antecedente a tale data, sulla base del fatto che la situazione di dipendenza economica del P. non era dovuta a inescusabile trascuratezza ma piuttosto alle difficoltà psicologiche, esistenziali e sanitarie connesse al percorso intrapreso di adeguamento dei caratteri sessuali dal femminile al maschile. La Corte di appello, inoltre, riteneva compiuto tale processo di adattamento, pertanto il P. era ormai in grado di acquisire una propria indipendenza economica, senza più gravare per il suo mantenimento sul padre. P.M. ricorreva per Cassazione.
La Suprema Corte
La decisione della Corte di appello appare conforme alla giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. Sez. I, n. 18076 del 20 agosto 2014) secondo cui “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori”.
Come sottolineato dalla Cassazione, la Corte di appello di Roma “si è basata sul presupposto del raggiungimento di una età superiore ai trent’anni e sull’assenza di deduzioni specifiche da parte del ricorrente circa la ricerca del lavoro e gli eventuali ostacoli incontrati in tale ricerca, così come sul decorso di un considerevole lasso di tempo dal compimento dell’iter di adeguamento dei caratteri sessuali all’identità di genere e sull’assenza di specifiche deduzioni circa il permanere di una situazione di vulnerabilità psicologica e sociale tale da compromettere la ricerca del lavoro”. L’iter logico seguito, ha trovato il proprio fondamento su dei fatti oggettivi e ha presunto in ragione dell’assenza di specifiche deduzioni da parte del ricorrente il raggiungimento di una situazione di indipendenza economica ovvero di una capacità lavorativa potenziale cui non ha fatto riscontro una concreta ricerca del lavoro. Questo apprezzamento compiuto su elementi di fatto dalla Corte distrettuale non è censurabile in sede di legittimità perché consiste in una valutazione prettamente di merito e coerente alla citata giurisprudenza di questa Corte.
La Cassazione, inoltre, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. Sez. I, n. 25420 del 17 dicembre 2015; n. 10119 del 2 maggio 2006) secondo cui “in materia di assegno di mantenimento per il figlio, il giudizio riguarda la conservazione del contenuto reale del credito fatto valere con la domanda originaria, sicché il genitore istante può chiedere un adeguamento del relativo ammontare alla stregua della svalutazione monetaria o del sopravvento di altre circostanze, verificatesi nelle more del giudizio, in particolare relative alle mutate condizioni economiche dell’obbligato ovvero alle accresciute esigenze del figlio. Ne deriva che la proposizione, in primo grado o in appello, di simili istanze o eccezioni non ricade sotto il divieto di “ius novorum“, né con riguardo al giudizio di primo grado (art. 183, comma 4, c.p.c.), né con riguardo al giudizio di appello (art. 345, comma 1, c.p.c.)”.
Conclusione
Pertanto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, statuendo così il principio che i figli che cambiano sesso possono avere diritto a essere mantenuti dai genitori per più tempo rispetto a quelli che non hanno problemi di identità sessuale.