Blue Whale Challenge: non può configurarsi il reato ex art. 580 c.p. se manca un tentativo di suicidio o lesioni gravi o gravissime
Non ricorre il reato di istigazione al suicidio a causa dei messaggi inviati al minorenne coinvolto nel Blue Whale Challenge se non si realizza un tentativo di suicidio o quanto meno una lesione grave o gravissima.
Corte di Cassazione, Sez. V, 23/11/2017, n. 57503
La fattispecie
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, confermava con ordinanza il decreto di sequestro probatorio di un telefono cellullare e di materiale informatico di B.V., indagato per il reato di istigazione al suicidio ed adescamento di minori. La vicenda riguardava i rapporti intrattenuti dall’indagato con una minore nell’ambito della partecipazione di entrambi ad un “gioco” noto con il nome di “Blue Whale Challenge”, nell’esecuzione del quale il B. inviava alla suddetta minore messaggi telefonici ritenuti integranti i reati in contestazione, tra cui uno in cui le intimava: “manda audio in cui dici ke sei mia schiava e della vita non ti importa niente e me la consegni”. L’indagato impugnava l’ordinanza.
La Suprema Corte
Relativamente all’eventuale configurabilità del delitto di cui all’art. 580 c.p., la Cassazione sottolinea che tale disposizione punisce l’istigazione al suicidio – e cioè a compiere un fatto che non costituisce reato – a condizione che la stessa venga accolta e il suicidio si verifichi o quantomeno il suicida, fallendo nel suo intento, si procuri una lesione grave o gravissima. L’ambito di tipicità disegnato dal legislatore esclude, dunque, non solo la rilevanza penale dell’istigazione in quanto tale, ma anche dell’istigazione accolta cui non consegue la realizzazione di alcun tentativo di suicidio ed addirittura di quella seguita dall’esecuzione da parte della vittima del proposito suicida da cui derivino, però, solo delle lesioni lievi o lievissime. La soglia di rilevanza penale individuata dalla legge in corrispondenza della consumazione dell’evento meno grave impone quindi di escludere la punibilità del tentativo, dato che, per l’appunto, non è punibile neppure il più grave fatto dell’istigazione seguita da suicidio mancato da cui deriva una lesione lieve o lievissima.
Secondo la Suprema Corte, dunque, il Tribunale ha erroneamente ritenuto sussistere il fumus del delitto ipotizzato dal pubblico ministero, posto che il fatto, per come descritto nell’ordinanza, non integra la fattispecie contestata non essendosi verificato quantomeno un tentativo di suicidio con causazione di lesioni gravi o gravissime. Ciò peraltro non è sufficiente a determinare l’invocato annullamento del provvedimento impugnato, in quanto correttamente i giudici del riesame hanno ritenuto la condotta attribuita all’indagato astrattamente riconducibile anche alla fattispecie di adescamento di minorenni di cui all’art. 609 undecies c.p., qualificazione sulla quale le obiezioni avanzate dal ricorrente si sono rivelate invece generiche e meramente assertive.
Conclusione
La Corte di Cassazione, pertanto, ha rigettato il ricorso, stabilendo in ogni caso che non si configura il reato di istigazione al suicidio per i messaggi inviati al minorenne coinvolto nel Blue Whale Challenge se non si realizza un tentativo di suicidio o quanto meno una lesione grave o gravissima.