Cartella clinica incompleta: si presume l’errore del medico
L’ipotesi di incompletezza della cartella clinica va ritenuta circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente, operando la seguente necessaria duplice verifica affinché quella incompletezza rilevi ai fini del decidere ovvero, da un lato, che l’esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa della incompletezza della cartella; dall’altro che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno, incombendo sulla struttura sanitaria e sul medico dimostrare che nessun inadempimento sia a loro imputabile ovvero che esso non è stato causa del danno, ricadendo su di essi il rischio della mancata prova.
Corte di Cassazione, Sez. III, 23/03/2018, n. 7250
La fattispecie
I genitori della minore B.G., con citazione, convenivano dinanzi al Tribunale di Pinerolo l’Azienda Sanitaria Ospedaliera (OMISSIS) ed i due medici V.V. e M.C. chiedendo l’accertamento della non conformità dell’operato dei predetti ai criteri di diligenza professionale, per cui non soltanto non si erano risolte le patologie originarie dalle quali era afflitta la figlia (mal occlusione dentale) ma era conseguito un peggioramento della condizione clinica (consistito nella perdita dei denti, deterioramento della situazione occlusale, persistenti dolori e lesioni) e derivati danni patrimoniali e non patrimoniali dei quali chiedevano il risarcimento. Il Tribunale di Pinerolo rigettava la domanda.
La Corte d’appello di Torino, respingeva l’impugnazione di B.G., ritenendo, invero, che la sentenza di primo grado andasse confermata nella parte in cui aveva affermato che l’onere della prova circa la sussistenza di un nesso eziologico tra le varie terapie – asseritamente incongrue e non corrette – prestate dai sanitari M. e V. alla paziente (in un arco quasi decennale) ed il peggioramento della salute, incombesse su quest’ultima e che tale onere non fosse stato assolto tenuto conto che il consulente aveva riferito di non essere in grado di rispondere a nessuno degli articolati quesiti postigli, a causa dell’assenza di significativi riscontri documentali che valessero ad orientare le indagini. B.G. proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha costantemente addossato al professionista gli effetti dell’omessa tenuta o lacunosa redazione della cartella clinica, vuoi attribuendo a tale omissione il valore di nesso eziologico presunto, vuoi ravvisandovi una figura sintomatica di inesatto adempimento, essendo obbligo del medico – ed esplicazione della particolare diligenza richiesta nell’esecuzione delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale ex art. 1176 c.c. – controllare la completezza e l’esattezza delle cartelle cliniche e dei referti allegati.
Al riguardo, è stato precisato come “la difettosa tenuta della cartella non solo non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra condotta colposa dei medici e patologia accertata, ma consente il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova e al rilievo che assume a tal fine il già richiamato criterio della vicinanza della prova, e cioè la effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla”.
La Suprema Corte ha, dunque, precisato che l’incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza d’un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente, essendo, però, a tal fine necessario sia che l’esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa della incompletezza della cartella, sia che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno (Cass., Sez. 3, 12 giugno 2015, n. 12218).
Conclusione
Pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto i motivi del ricorso e ha cassato la sentenza, con rinvio alla Corte d’appello di Torino, affermando che le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale non fossero conformi alle regole in materia di riparto dell’onere della prova.