Danno esistenziale: consiste nel radicale cambiamento di vita
Il c.d. danno esistenziale consiste non già nel mero “sconvolgimento dell’agenda” o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, bensì nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, nello sconvolgimento dell’esistenza. Tale danno deve essere allegato e provato dal danneggiato, secondo la regola generale ex art. 2697 c.c., e l’allegazione a tal fine necessaria deve concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico.
Corte di Cassazione, Sez. III, 29/01/2018, n. 2056
La fattispecie
La Corte d’Appello di Bologna, rigettato l’appello in via principale interposto dalla Regione Emilia Romagna, in parziale accoglimento del gravame in via incidentale spiegato dal sig. Tizio e in conseguente parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Modena, riconosceva la sussistenza del danno patrimoniale da lucro cessante e, escluso quello non patrimoniale, rideterminava in aumento l’ammontare liquidato dal giudice di prime cure in favore di quest’ultimo, a titolo di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittima formazione e approvazione della graduatoria per la copertura di un posto di medico di base in convenzione con il Comune di Palagano, nonché per l’inottemperanza alla decisione del Presidente della Repubblica del 26/8/1993 di accoglimento del ricorso in relazione alla suddetta graduatoria.
Il ricorrente, in particolare, si doleva del fatto che la corte di merito non avesse ritenuto il danno non patrimoniale in re ipsa, e che avesse erroneamente valutato le emergenze probatorie dalle quali risultava che egli aveva subito stress, stato depressivo, trauma psicologico, turbamento e depressione.
La Suprema Corte
Innanzitutto, secondo la Corte, va altresì sottolineato come anche in caso di lesione di valori della persona “il danno non può considerarsi in re ipsa, risultando altrimenti snaturata la funzione del risarcimento, che verrebbe ad essere concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno bensì quale pena privata per un comportamento lesivo, ma va provato dal danneggiato secondo la regola generale ex art. 2697 c.c.”.
Prosegue, poi, la Suprema Corte affermando che con particolare riferimento al c.d. danno esistenziale, in considerazione del principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, “esso consiste non già nel mero “sconvolgimento dell’agenda” o nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità della vita, e in particolare da meri disagi, fastidi, disappunti, ansie, stress o violazioni del diritto alla tranquillità, bensì nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto, nello sconvolgimento dell’esistenza in cui di detto aspetto (o voce) del danno non patrimoniale si coglie il significato pregnante, si è da questa Corte più volte avuto modo di affermare che esso va dal danneggiato allegato e provato, secondo la regola generale ex art. 2697 c.c., e l’allegazione a tal fine necessaria deve concernere fatti precisi e specifici del caso concreto, essere cioè circostanziata, e non già purchessia formulata, non potendo invero risolversi in mere enunciazioni di carattere del tutto generico e astratto, eventuale ed ipotetico”.
Conclusione
Per tali motivi la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, poiché non risulta che il ricorrente abbia allegato un danno da sconvolgimento della vita nell’accezione accolta da questa Corte, in quanto un simile danno sembrerebbe integrare, al massimo, la diversa voce del c.d. danno biologico, che pure compendia la categoria generale del danno non patrimoniale.