Maltrattamenti in famiglia: litigare violentemente davanti ai figli è reato
È configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. se la conflittualità tra i genitori coinvolge indirettamente anche i figli quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri che si svolgono all’interno delle mura domestiche.
Corte di Cassazione, Sez. VI, 02/05/2018, n. 18833
La fattispecie
La Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma dell’appellata sentenza del Tribunale di Pistoia, dichiarava non doversi procedere nei confronti di B.N. in ordine ai reati di calunnia, furto aggravato ed indebito utilizzo di bancomat, perché estinti per sopravvenuta prescrizione ed ha rideterminato la pena alla medesima inflitta in ordine alla residua imputazione di maltrattamenti in danno dei due figli minori, commessa in concorso col convivente Be.Ma.
B.N. proponeva, dunque, ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge penale e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta integrazione del reato di cui all’art. 572 c.p.
La Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha sottolineato come l’art. 572 c.p. sanzioni la condotta di chi “maltratta”, espressione verbale all’evidenza ampia (tanto da risultare, ad avviso di taluna dottrina, indeterminata), nell’ambito della quale possono pertanto rientrare non soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce, le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, potendo il reato essere difatti integrato anche mediante il compimento di atti che, di per sé, non costituiscono reato. Ne consegue che la condotta sanzionata dall’art. 572 c.p. non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo ma può realizzarsi tanto con un’azione, quanto con un’omissione, e può derivare anche da un clima generalmente instaurato all’interno di una comunità.
Pertanto, non è revocabile in dubbio che “il delitto di maltrattamenti possa essere configurato anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno dei figli minori, ma li coinvolgano (solo) indirettamente quali involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri fra i genitori che si svolgano all’interno delle mura domestiche, cioè allorquando essi siano vittime di c.d. violenza assistita. La condotta di chi costringa minore, suo malgrado, a presenziare – quale mero testimone – alle manifestazioni di violenza, fisica o morale, è certamente suscettibile di realizzare un’offesa al bene tutelato dalla norma (la famiglia), potendo comportare gravi ripercussioni negative nei processi di crescita morale e sociale della prole interessata”.
Conclusione
La Corte di Cassazione, pertanto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per estinzione per prescrizione del reato, rinviando al giudice civile per la pronuncia circa l’eventuale responsabilità civile scaturente dal delitto, ai sensi dell’art. 578 c.p.p.