Pensione di reversibilità all’ex coniuge: non è necessaria una sentenza definitiva sull’assegno divorzile
In tema di divorzio, il diritto dell’ex coniuge all’attribuzione di una porzione della pensione di reversibilità dell’altro, presuppone il riconoscimento in suo favore, con decorrenza anteriore alla morte dell’altro coniuge, della spettanza dell’assegno divorzile, sia pure in forza di pronuncia non ancora passata in giudicato.
Corte di Cassazione, Sez. I, 20/02/2018, n. 4107
La fattispecie
L.R., divorziata da La.Da. dopo un matrimonio durato lustri, agiva contro la seconda moglie di La.Da.(legata per pochi mesi, essendo il coniuge scomparso) per la ripartizione della pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto dell’ex marito. Nel momento in cui è intervenuto il decesso, il divorzio dalla prima moglie era già stato pronunciato con sentenza parziale e il giudizio proseguiva per la determinazione dell’assegno divorzile, riconosciuto dal Presidente del Tribunale in via provvisoria.
Successivamente, quindi dopo la morte di La.Da., il Tribunale di Bari riconosceva alla prima moglie dello stesso il diritto all’assegno divorzile, con decorrenza dalla definitività della sentenza che ha pronunciato il divorzio, depositata in epoca antecedente la scomparsa dell’ex coniuge.
La domanda di riconoscimento del diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità, e del trattamento di fine rapporto spettante all’ex coniuge, proposta dalla prima moglie, veniva rigettata dal Tribunale di Bari, che riteneva la donna non fosse titolare di assegno divorzile nel momento della morte dell’ex marito.
La Corte d’Appello di Bari confermava la decisione, avverso la quale la prima moglie proponeva ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte
Come ribadito dalla Corte di Cassazione, la legge non prevede, ai fini del riconoscimento del diritto all’attribuzione di una porzione della pensione di reversibilità che, al momento in cui la domanda è proposta, sia intervenuto l’accertamento della spettanza dell’assegno divorzile, in favore dell’istante, mediante pronuncia avente efficacia di giudicato. Invero, la legge neppure consente di ritenere sufficiente il provvedimento provvisorio di riconoscimento dell’assegno divorzile concesso dal Presidente del Tribunale in sede di comparizione delle parti, poiché si richiede una pronuncia del Tribunale – non del suo Presidente -, quindi appare sufficiente la pronuncia della sentenza che definisce il primo grado del giudizio e riconosce il diritto all’assegno divorzile.
Non è poi condivisibile la tesi secondo cui la titolarità del diritto sarebbe sorta, in favore dell’ex moglie, soltanto in virtù del riconoscimento giudiziale dell’assegno divorzile, come sostiene la Corte d’Appello, mentre la sola efficacia, e pertanto la decorrenza della contribuzione, sarebbe stata anticipata dal Tribunale al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio. In realtà la sentenza del Tribunale che ha riconosciuto l’assegno divorzile alla ricorrente, ha evidentemente accertato che ella era titolare del diritto a percepirlo già al momento del passaggio in giudicato della sentenza parziale di divorzio, quando l’ex marito era ancora in vita, altrimenti avrebbe dovuto fissare una diversa decorrenza. Al momento della scomparsa di La.Da., pertanto, L.R., era titolare del diritto di percepire dall’ex coniuge l’assegno divorzile, come accertato dal Tribunale, e le compete pertanto il diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex marito.
Conclusione
Pertanto, la Suprema Corte ha accolto il ricorso, riconoscendo il diritto dell’ex coniuge a proseguire il giudizio per l’attribuzione dell’assegno anche dopo la scomparsa dell’obbligato e sottolineando che, la formula di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, non consente di ritenere che la domanda di riconoscimento di una porzione della pensione di reversibilità vada proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza che attribuisce l’assegno divorzile.