Pericolo di recidiva: desunto dalla professionalità nella condotta delittuosa e dall’abuso del rapporto di fiducia della clientela
La professionalità nelle condotte delittuose e l’abuso del rapporto con la clientela e della sua fiducia induce ad escludere che i fatti contestati all’indagato siano solo conseguenze di un comportamento occasionale e postulano che il pericolo di reiterazione del reato non possa essere semplicemente ipotizzato in astratto, ma debba essere valutato considerando elementi di fatto esistenti.
Cassazione penale, sez. II, 13/07/2017, n. 29519
La fattispecie
Un avvocato era stato accusato di aver incassato oltre la metà del risarcimento che spettava alla propria cliente in seguito a un sinistro stradale che le era occorso. Il legale, dopo averle mostrato una sentenza falsificata nella parte relativa alla liquidazione dei danni, si era impossessato indebitamente del denaro.
Con ordinanza del 2 novembre 2016, il Tribunale del riesame di Lecce, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza del 22 settembre 2016, con cui il Gip del Tribunale della stessa città ha applicato al legale la misura cautelare della custodia in carcere perché indagato dei delitti di truffa aggravata continuata, di falso in atto pubblico aggravato e di auto riciclaggio.
Il Tribunale del riesame ha ancorato l’applicazione della misura cautelare al “concreto ed attuale pericolo di recidiva“, desunto “dalla gravità dei fatti e dalle allarmanti modalità della condotta, che denotano estrema spregiudicatezza” dell’indagato, il quale aveva abusato del rapporto professionale e della fiducia della sua cliente ed aveva dimostrato professionalità nelle condotte delittuose contestate; professionalità che “induce ad escludere che si sia trattato di un comportamento solo occasionale“. Peraltro, il giudice del riesame ha evidenziato che “con nota del 19 novembre 2015, [omissis] s.p.a., compagnia assicurativa che gestisce il Fondo Garanzia Vittime della Strada per la Regione Puglia, ha comunicato che ci sono 136 pratiche di sinistri a nome dell’avv. [omissis] dal primo ottobre 2010 al 15 ottobre 2015 e dall’esame delle persone coinvolte nei sinistri emergono numerosi soggetti stranieri. E’ evidente, dunque, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede“.
Contro tale provvedimento, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte
La Cassazione detta con una certa chiarezza i criteri con i quali il giudice deve valutare il concreto e attuale pericolo di recidiva. Nello specifico, la concretezza del pericolo – il caso di un avvocato che truffa il cliente – postula che il pericolo di reiterazione del reato non possa essere semplicemente ipotizzato in astratto, ma debba essere valutato considerando elementi di fatto esistenti.
Per la Suprema Corte, infatti, il pericolo concreto e attuale di recidiva è integrato nel caso di specie dalla professionalità nella condotta delittuosa e dall’abuso del rapporto di fiducia della cliente. Due circostanze che, secondo i giudici, sono idonee ad escludere che si trattasse di un comportamento di tipo occasionale. Altra circostanza che ha condotto i giudici a tale valutazione è stato il rilevamento di numerose pratiche di sinistri presso il Fondo di garanzia per le vittime della strada a nome dell’avvocato: le pratiche in questione, inoltre, avevano caratteristiche simili a quello alla base del processo.
Conclusione
Con tali argomentazioni – con cui la sussistenza del pericolo concreto ed attuale di reiterazione del reato è stata affermata rimarcando la spregiudicatezza dell’indagato, desunta dalle specifiche modalità dei fatti – il Tribunale del riesame si è conformato all’orientamento della Cassazione, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, la concretezza postula che il pericolo di reiterazione del reato non sia ipotizzabile in astratto ma sia desunto da elementi di fatto esistenti, mentre l’attualità di esso deve essere affermata qualora – all’esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure – appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati.
Per i motivi sopra esposti, la Suprema Corte ha avvalorato il percorso argomentativo seguito dal Tribunale del riesame che sostanzialmente confermava l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere all’avvocato.